Un’insalata d’inizio autunno- la poesia della cucina ayurvedica

Non potevo non innamorarmi di una filosofia del nutrimento che rinnega le misure precise, le regole e l’uso del cibo come un oggetto al tuo servizio, invece che come una fonte di energia e un dono dell’infinito.

Non potevo non innamorarmi dell’ayurveda, nella sua forma più semplice e antica. Io fuggo dalla regole preconfezionate, sono fatta così. E fuggo spesso anche dall’ayurveda, nella sua forma più rigida e strutturata. Ma a volte…

A volte mi sembra di poter capire l’origine di uno schema, prima che diventasse legge, quando era solo uso, necessità e poesia di ogni giorno.

Quando ho letto “A life of balance” di M. Tiwari mi sono sentita così, rapita dalla coerenza e dalla femminilità dell’arte del cucinare per ristorare l’anima, per conoscerci, per curare chi amiamo.

Ho scoperto che, nella sua versione originaria, l’ayurveda rifugge da tutti gli strumenti di lavoro che non siano manuali e quantifica il cibo usando come riferimento pugni, pizzichi e lunghezza delle dita: niente deve essere messo in mezzo, tra noi e ciò di cui nutriamo la nostra energia.

La prima cura e, forse, la più grande, è darci da fare, sporcarci le mani, piangere mentre sbagliamo, innervosirci mentre fatichiamo per cambiare le nostre abitudini. La cura più grande è quella che rifuggiamo più spesso: stare a tu per tu con noi stessi, anche con i lati mostruosi, con le parti malate, con le ferite profonde e infette. La cura più grande è partecipare alla nostra vita senza risparmiarci.

E allora… cuciniamo il nostro cibo, misuriamolo a pizzichi e manciate, dosiamolo con il cuore, arricchiamolo di sapori e consistenze. Se tutto è cura, cominciamo a fare di ogni cosa una pratica.

cavolo cappuccio, fichi, uva: un’insalata d’inizio autunno


Questa ricetta unisce varietà di sapori e consistenze. E’ pensata come ogni piatto della mia Cucina Yoga: deve svegliare i sensi, nutrire la nostra energia, essere un dono inspiegabile a parole, ma capace di fissarsi dentro.

Ingredienti per una persona:

4 cucchiai di yogurt intero naturale

2 pizzichi di zenzero fresco grattugiato

una decina di chicchi d’uva

1 cucchiaio di sesamo

3 fichi maturi

cavolo cappuccio bianco, da cui ricavare una manciata di striscette

1 cucchiaino di olio extra vergine d’oliva

1 pizzico di sale e una spruzzata di pepe

Preparazione:

la sera prima, per preparare la crema di yogurt- abbineremo a questa insalata una crema di yogurt. Per la sua preparazione ci servono: una ciotola, un canovaccio a trama larga, un colino. Per addensare lo yogurt e dargli un sapore leggermente acido, che creerà un buon contrasto con il dolce dell’uva e dei fichi, lasceremo colare lo yogurt tutta la notte. Appoggia il canovaccio sul colino e il colino sopra la ciotola. Versa quattro cucchiai di yogurt nel canovaccio e metti la ciotola in frigorifero. Domattina troverai lo yogurt dimezzato e, nella ciotola, un siero giallastro ricco di probiotici e sali minerali, il latticello.

il giorno stesso, al momento di preparare l’insalata- taglia a strisce il cavolo cappuccio e passalo sotto l’acqua fredda per qualche secondo, così da lavarlo e ravvivare le foglie. Grattugia lo zenzero e aggiungilo al cavolo cappuccio. Aggiungi l’olio, il sale e il pepe e mescola per amalgamare gli ingredienti.

Sbuccia e taglia a metà i fichi. Spargi sopra di essi i semi di sesamo, distribuendoli in modo omogeneo, così da sottolineare l’abbinamento tra la morbidezza dei fichi e la croccantezza dei semi.

Versa i due cucchiai di crema di yogurt sul fondo di un piatto, appiattendola un poco. Versa allora l’insalata di cavolo e zenzero e sistema sopra di essa i fichi ricoperti di sesamo. Completa la decorazione del piatto aggiungendo i chicchi d’uva.

E’ il mio augurio più frequente e più profondo: che la nostra vita sia una pratica costante, un sintonizzarci lento e armonioso sulle frequenze della nostra salute e piacere- l’indicatore sublime che stiamo camminando proprio sul nostro sentiero. Che questa pratica diventi, infine, un impegno intimo che svolgiamo con scioltezza, che impara a fondersi in noi e non smette di guidarci.

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