Io sono il mio luogo sacro: qui tutto si integra e trova una prospettiva

Quando uniamo le mani in preghiera e ricordiamo che “anjali mudra” significa “gesto del dono.” Quando intrecciamo le dita, negli asana che richiedono più stabilità e forza, così che quell’intreccio ci sostenga, ci spinga più in alto, ci faccia sentire più potenti. Quando la mano sinistra contiene con gentilezza il polso della destra e lo rassicura, per portare la mente alla pace e dar il via alla meditazione. Quando le mani si incontrano, il gesto in cui si snodano è chiamato “mudra”, nello yoga. Ogni mudra è un sigillo divino: quando mettiamo in contatto le nostre estremità, quando integriamo parti diverse, anche lontane di noi, stiamo compiendo un gesto divino, stiamo risvegliando quella visione alta e compassionevole di noi, che ci riconosce come un tutt’uno. Lati di luce e d’ombra, sofferenze e leggerezza, armonia e rabbia: siamo un tutt’uno che non si vergogna della sua storia, che non si vergogna dei suoi errori futuri, che si dichiara, imperfetto e fiero, in quel gesto. Siamo un tutt’uno che si accoglie e fa della sua imperfezione l’inizio della pratica, la base della vita.

Durante questo mese, nella pratica con i miei allievi e con voi, dolci lettori, abbiamo esplorato il tema del “tempio” e del”corpo- tempio”, che ritorna spesso, nella pratica del hatha yoga. Il corpo non è solo il primo luogo in cui facciamo esistere una realtà, è anche la prima evidenza che un’altra prospettiva è possibile: se il corpo lo fa e la mente lo realizza, quel che voglio costruire in me è un po’ più vero.

Se il corpo lo fa, per la mente diventa più possibile attraversare la mia sofferenza. Se il corpo lo fa, il cuore può accettare di accogliere chi sono. Se il corpo lo fa, la mia intenzione si inchina, ascolta, cresce in direzioni che non immaginava, perché una cosa che non ha forma e dignità non può nemmeno essere immaginata.

 

 

Una meditazione semplice con Yoga Mudra

Mettiti seduto a terra o su una sedia, con le piante dei piedi ben rilassate a terra. Porta indice e pollice della mano destra a contatto. Chiudi tra indice e pollice della mano sinistra il polso destro, che sia una chiusura dolce, ma consistente. Chiudi gli occhi, per ascoltare meglio quel che senti. Ecco, già così entri nel tuo spazio sacro, nel tuo tempio: chiudi gli occhi ed entra in te. Senti le mani rilassarsi e poi le spalle. Senti il collo rispondere e cedere. Senti, allora, l’addome, senti il respiro cambiare. Senti gli occhi rilassarsi.

Ecco, con le mani intrecciate in una forma d’accoglienza e lo sguardo rinnovato puoi iniziare a percepire una nuova prospettiva. Non ha importanza che sia illuminante, non serve che dia subito tutte le risposte che cerchi: per ora ci basta creare uno stato psicofisico in cui qualcos’altro è realmente possibile. Qualcos’altro è già vero nel tuo corpo. Anche questo diventa la tua storia. Una storia d’accoglienza e di possibilità, il tuo tempio semplice e vero.

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