
18 Gen Un’ unica fonte di luce e gioia: imparare a stare nella pratica
Una cosa mi ha attratta e stupita ogni volta, più volte, nelle ultime settimane: mi sono ritrovata spesso, sovrappensiero e trasportata dallo scorrere della vita, a camminare sotto il cielo aperto, al tramonto, tra il sole che scende e la luna che sorge. Mi è successo anche un po’ di giorni fa, quando siamo andati a cercare la neve sulle montagne vicino a casa.
L’illuminazione è qualcosa che ci colpisce e stupisce, che ci meraviglia per la sua semplicità immediata e che, in un attimo, condensa tutto quello che siamo stati e abbiamo realizzato fino a quel momento in una grande comprensione, inequivocabile. In un processo di unione perfetta tra mente e corpo, afferriamo qualcosa con una chiarezza disarmante, che possiamo solo prendere per vera e giusta e a cui possiamo solo inchinarci.
Mi addolora, pensare a quanto fumo è stato messo, nella storia come nel presente, tra noi e la profondità della pratica energetica. E’ tutto immediato, è per tutti: il raggiungimento di uno stato di comprensione di ogni cosa che ci accade è così vicino e non richiede la presenza di intermediari, tra noi e l’amore per noi stessi.
Mi sono ritrovata mille volte a ruotare il capo e vederli in tutta la loro eterna bellezza: sole e luna, a riempirmi gli occhi, mentre il cielo diventava rosa e poi indaco.
Perchè è così difficile stare nella pratica? Perchè è così difficile essere costanti, regolari e aperti e disciplinati, quando si tratta di cura di noi, di allenamento, di scelte che vanno nella direzione della nostra crescita?
Per fare qualsiasi cosa con costanza serve che essa sia parte di noi, sempre presente. Perchè concediamo a qualsiasi cosa di essere sempre presente in noi, serve che la amiamo. Perché amiamo qualsiasi cosa serve che riconosciamo la nostra relazione con essa, la sua bellezza, il suo nutrimento, la sua poesia.
Per essere costanti nella cura di noi, serve non perdere mai il contatto con le correnti energetiche che ci sostengono e guidano, che rendono perfetto il nostro corpo e magico ogni paesaggio che abbiamo attorno.Allora riceviamo la nostra illuminazione: siamo sempre, sempre curati- dal sole, dall’aria, dalla luna, dalla terra, dall’operosità delle persone e degli animali attorno a noi. Ogni respiro che facciamo è garantito da una relazione di cura che sta avendo luogo per noi- prima tra tutte, quella del nostro istinto di vita.
Riconoscere questa forma di cura, infinita e piena, riconoscerla ad ogni respiro, battito del cuore o elemento su cui poggiamo gli occhi, è “praticare”: non staccarci mai dalla relazione di cura che instauriamo costantemente in noi stessi e con l’esterno e sentire come in questo c’è tutta la magia che gli esseri umani hanno scelto di chiamare “dio”.
Allora uscire a meditare, trovare il tempo per allenare il corpo, farci un massaggio, cucinare una pasto delizioso o ricavarci un momento di silenzio, e farlo con costanza e dedizione, non è più impossibile. Stare nella pratica è stare nella vita, vissuta appieno: è stare nella magia.
Per me, questa è la base dell’ “Inno alla gioia” più dolce e semplice che la cultura indiana antica abbia prodotto: il “Gayatri Mantra”.
Gayatri Mantra
Om bhur bhuvah svah
tat savitur varenyam
bhargo devasya dhimahi
dhiyo yo nah prachodayat
La mia traduzione- come io lo sento nel cuore
Saluto la terra, il cielo, tutto ciò che sta in mezzo e me stessa che sono parte del tutto
ognuna di queste cose esiste grazie ad una fonte di luce e gioia immensa
ed è a questa radiosità che io mi apro e per essa medito
perché essa dispensi la sua luce anche su di me, illuminandomi.
Mi piace cantare il Gayatri Mantra, per l’alba, per il tramonto, per tutte le cose belle che vedo attorno a me. Mi piace anche ascoltarlo, cantato in tutta la sua dolcezza. La mia versione preferita è quella di Deva Premal, che potete ascoltare qui.
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