
02 Lug Qui dove tutto è sacro, costruisco la mia salute
Sentire, fare, essere. O, meglio: sentire, fare e, allora, riconoscere chi siamo, come siamo, riconoscere che ci siamo. C’è un ordine preciso, che la nostra pratica ci chiede di rispettare, c’è un insegnamento che torna e ritorna ad ogni passo della nostra vita yoga: solo le azioni, i pensieri e le scelte che rendiamo sacri, ci rendono davvero liberi- leggeri, appagati, presenti, sani.
E sacro, nella nostra pratica, è qualcosa di profondamente umano: ogni cosa è sacra, quando la lascio attraversarmi senza fuggire, quando le lascio il tempo di esistere, di essere sentita e pensata, di farmi da maestra.
Ieri sera ho cantato una ninna nanna a mia figlia, per telefono: la mia voce, i suoi occhi e la nostra intenzione e attenzione a stare in quel momento, a sentirlo. Qualche giorno fa, ho camminato per campi disseminati di papaveri e fiordalisi: non mi ero mai resa conto, di quanto il rosso e l’azzurro stessero bene insieme, di quanto i miei occhi si spalanchino, alla vista degli spazi liberi, dei colori semplici e netti. Anche adesso che scrivo, man mano che smetto di avere idee e inizio a scrivere le parole che sento davvero, anche adesso riesco ad allineare, in ordine: sentire, fare, riconoscere il mio modo di esserci.
Saper rilassare le tensioni. Saper prendere un respiro profondo. Saper sentire presenza almeno in una parte del corpo- sentirla viva. Saper stare almeno in un’emozione- sentirla vera. Ricordare la mia condizione naturale: stare qui, davanti agli occhi stanchi di mia figlia, davanti ai fiordalisi e ai papaveri, davanti ai tasti del computer. Quello che faccio è il frutto di cosa la mia intelligenza naturale ha sentito ed elaborato di questo momento: è un’offerta costante alla vita. Quello che sento, quello che penso e imparo e quello che faccio diventano, allora, una risposta: io sono questa, e questo è il mondo. Da qui ricomincio e continuo a costruire la mia salute. Qui, dove tutto è sacro.
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