Praticare l’ascolto in tempi di paura: III accoglienza

Che io sappia coltivare il silenzio e accogliere quel che c’è, che trovo attorno e dentro di me adesso. Che io sappia farmi spazio nel corpo

Non mi è mai piaciuto il termine “accettare”, mi dà l’idea di un acconsentire passivo, di una rassegnazione che può avvenire solo mentalmente, a scapito del sentire del corpo, irrigidendolo.
Mi piace “accogliere”, perché se pensiamo ad accoglienza qualcosa cambia nel corpo: ci ammorbidiamo, consentiamo di lasciarci circondare e attraversare, ci prepariamo a vivere.

Accogliere, anche in questo momento, anche questa sofferenza, anche questa paura, anche questo sfinimento è una scelta. Scegliamo di spalancare i muscoli, gli occhi, il cuore e il pensiero a qualcosa che c’è già. Scegliamo di farlo con i nostri strumenti, con il nostro tempo. In ultimo, scegliamo di lasciarci trasformare, perché questo è il volere incessante della natura: che cambiamo, che cresciamo, che ci evolviamo per cicli ed esperienze. Scegliamo di imparare a stare nelle cose, senza scordarci di noi, senza negarci o opporci al resto; scegliamo di stare nella vita.

La pratica che portiamo avanti per questa settimana sarà tutta dedicata ad “Accoglienza.”

Abbiamo tutti qualcosa da imparare, da accogliere, io per prima. Queste settimane e le nostre pratiche mi stanno insegnando ad essere più responsabile di come vi guido, di come posso provare a consigliarvi strumenti di visione e percezione, di quanto posso prendere quel che conosco e metterlo al servizio di quel che c’è. Questa è la prima forma di accoglienza che praticherò, con voi, nei prossimi giorni.

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