Per cosa sto pregando? Una pratica di consistenza e verità

A gambe aperte. A braccia aperte. A bocca aperta, a occhi aperti, con la mente aperta. Col cuore aperto e col respiro profondo.

Negli ultimi giorni ho usato spesso questa posizione. È una variante di supta baddha konasana, con i mattoni come supporto per le cosce. L’ho usata molto per me e l’ho proposta tante volte alle allieve che seguono percorsi individuali con me. Credo che ogni asana contenga un insegnamento, un modo di stare nello spazio e in noi stessi. Ogni asana è un mondo, in cui possiamo scegliere se controllare cosa vogliamo sentire e come, oppure controllare di non opporre resistenza allo stato che essa ci vuole insegnare.

Negli ultimi giorni mi è capitato spesso di invitare le allieve a sistemarsi in questa posizione e incontrare il loro silenzio, il loro respiro. Ho usato questa posizione come se fosse una pratica, lei da sola: una pratica per incontrare la mia consistenza e parlare con me in modo vero, senza filtri.

Ogni asana è una postura, un modo di essere nel mondo. Ogni postura ci insegna qualcosa, porta con sé un messaggio. Sistemare anche e spalle in una grande apertura significa condividere con il corpo una missione: come un libro aperto, imparo a leggere quel che ho dentro, incontro le mie difficoltà a cedere o la paura di ascoltarmi. Incontro le mie difese- anche non sentire niente è una difesa, è la difesa più grande, quella in cui mi proteggo dal partecipare a ciò che mi succede.

 

Supta baddha kanasana: una pratica di consistenza e verità

Puoi iniziare la tua pratica da sdraiato, per aiutare il corpo a prendere contatto con il pavimento e condurre la mente al rilassamento, creando uno stacco dalla giornata e dai pensieri in cui sei immerso. Puoi prenderti 5 minuti per stare disteso e dare il tempo al sistema nervoso di rallentare il suo ritmo e stabilizzarsi.

Quindi prendi due mattoni, due libri grandi o due coperte spesse e sistemali sotto le cosce, portando le piante dei piedi a contatto. I sostegni sotto le cosce devono servire a non sentire fastidi nell’interno coscia o agli inguini, così che le anche possono ruotare e il bacino, l’addome e il respiro aprirsi. Distendi le braccia verso dietro e inizia a prendere dei respiri lunghi e lenti. Terrai la posizione per almeno 5 minuti.

Durante l’esecuzione di posizioni di questo tipo, incontriamo diversi stati psicofisici: qualche tensione iniziale per abituarci alla postura, poi il piacere dell’assestamento in una forma più rilassata e poi, quando la mente si accorge dell’apertura che stiamo conquistando, l’insorgere delle difese, delle resistenze, delle distrazioni.

E’ a questo stadio che ci interessa arrivare: a stare nel nostro sentire profondo, imparando ad abbassare le difese. E’ a questo punto, che inizia la vera pratica. Qui ci confrontiamo con la parte di noi che dirige le nostre scelte, quando agiamo inconsapevolmente o seguendo le paure. Qui incontriamo la parte di noi che pulsa e vive da sotto: questo è il punto in cui il corpo inizia a scaldarsi e cambia consistenza, qui la mente smette di parlare a caso e inizia a produrre riflessioni e ricordi calati nella realtà del corpo. Qui diventiamo un tutt’uno.

Qui non ha più senso concentrare la mente e zittirla; qui tutto è vero, anche la mente ha ceduto le sue dinamiche superficiali. Qui la nostra auto cura prende il via e noi diventiamo spettatori di processi sani, di connessione tra la mente e il corpo. Qui lasciamo fare alla memoria corporea, all’istinto, al piacere, a quel senso di liberazione ed evoluzione che la natura ha previsto per noi.

Immerso nell’ascolto, liberato dal bisogno di comandare la direzione del tuo sentire, alleggerito, fa che la tua pratica sia guidata da una domanda: “Per cosa sto pregando?” Che cosa senti e a cosa ti serve tutto questo?

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