L’allenamento a stare- asana che sostengono tutto quel che c’è in un giorno

Ascolto il respiro di mio figlio, addormentato accanto a me. Guardo il giorno spuntare oltre la tenda, guardo il buio sciogliersi. Come succede, che ci siano momenti capaci di rapirci così tanto? Per un attimo, non c’è stato nient’altro oltre al suono e alla luce, oltre all’amore che provo per questo respiro e questa luce.

Trovare movimenti il più simili possibile a quelli che il mio corpo fa naturalmente, per rinnovare la sua forza o la sua distensione. Trovare un respiro che sappia ricaricarmi e darmi tutto il coraggio che serve per ascoltarmi, per sentire  che cos’ho dentro oggi. Imparare a stare, a stare in piedi e in ogni luogo, continuando a restare in me, prima di tutto.

Quando i sensi sono tutti svegli, quando siamo e stiamo davvero in noi, la mente si calma. Non ha bisogno di divagare, perché quel che trova qui, quel che trova ora, è interessante, è nutriente. Quando il corpo e la mente sono qui e sono ora viviamo la nostra completezza, nella sua espressione più perfetta.

Di nuovo, ascolto il respiro di mio figlio. Ora la luce è un po’ più alta. Stare qui e stare ora richiede una forza immensa: quel che c’è qui e ora è sempre troppo- troppo poco, troppo duro, troppo commovente, ancora incomprensibile, troppo lontano dai doveri che ci imponiamo.

Ogni movimento, ogni asana, ogni respiro è un allenamento a stare, a fare di me un nido. Ogni gesto cosciente è un allenamento a stare, a stare in piedi e in ogni luogo, continuando a restare in noi.

Che i miei sensi e il mio pensiero, che l’attenzione che li unisce siano il mio nido. Che io impari ad ascoltarmi e a fare di quest’ascolto uno spazio sano di rigenerazione. Che io impari, anche, a sollecitare i miei sensi, quando sono assopiti, invitando la pigrizia e la paura e lasciar spazio al respiro, all’apertura.

Oggi la mia pratica è fatta di queste tre posizioni: certi giorni contengono già così tanto, che lo yoga trova giusto lo spazio per sostenere tutto il resto, senza togliere tempo alla presenza che ha preparato. Oggi la mia pratica è fatta di un asana che rinforzi tutto il corpo, ricordandogli che si può incontrare ogni sforzo, ogni stress senza rigidità e senza tirarsi indietro. Oggi la mia pratica è fatta di un asana che apra il petto e la gola, perchè io mi ricordi che non devo avere paura di nulla, che un corpo accogliente incontra, abbraccia, impara e risponde senza perdersi. Oggi la mia pratica mi riporta in piedi, sulle mie infaticabili gambe e mi insegna a starci, restando in me: che io sappia raccogliere le sfide e le novità e il respiro di mio figlio e la luce che c’è fuori, tutto con le stesse inspirazioni ed espirazioni aperte e lo stesso corpo forte. Tutto in me, dove la mia verità e la realtà si fondono, dove io inizio a creare questo nuovo giorno.

 

L’allenamento a stare

Prenditi qualche minuto per stare seduto o sdraiato a terra, per iniziare questa breve pratica con il corpo disteso e il pensiero più centrato. Cerca una posizione comoda, in cui tutto cede e percepisci i tuoi spazi allargarsi e il tuo ritmo rallentare. Ai miei allievi mi piace sempre chiedere di prendersi qualche respiro per creare una parentesi tra quel che abbiamo lasciato fuori dalla nostra pratica e quel che stiamo iniziando a fare.

Quando sei pronto, portati in appoggio sui palmi delle mani ben distese e sugli avampiedi. Tieni glutei e addominali contratti e orienta lo sguardo verso avanti, facendo attenzione a non contrarre le spalle. Prova a fare delle piccole circonduzioni del bacino: prova a far coesistere in te, anche solo per qualche respiro, fluidità, forza e stabilità.

 

Da seduto, allunga le braccia dietro la schiena e infila le punte delle dita a terra; tieni i gomiti leggermente piegati e spalanca petto e gola. Ascolta il tuo respiro allargarsi, ascolta il tuo corpo diventare uno spazio accogliente. Da alla mente il tempo per fidarsi a sostare nell’asana e nel respiro: qui le insegni a stare, a vivere l’esperienza, a sostenere ogni stimolo che compone il tuo giorno.

 

Questo sarà l’asana che ti riporta in piedi, in te, trasformato. Cosa senti di diverso rispetto al tuo stare in piedi abituale? Rimani in questa posizione finché non senti più rigidità, finché non senti tutto il corpo aperto e appoggiato. In questa posizione dovresti sentire una buona attivazione ai piedi, alle caviglie e ai polpacci e lasciare tutto il resto morbido: stare in piedi, stare in noi, dovrebbe essere un’esperienza di stabilità e morbidezza, di disponibilità e apertura scelti e praticati in modo saldo. In questa posizione coltiviamo la nostra presenza.

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