
06 Lug Insistere: pensiero e corpo vivono nello yoga
“Io non ho mai smesso di insistere, cioè di pensarmi.”
“La peste,” A. Camus
Nella nostra pratica impariamo a distinguere i pensieri dalle associazioni mentali. E impariamo a riconnettere tutto questo con il nostro corpo.
Viviamo perlopiù di associazioni: un girovagare di frasi connesse in qualche modo le une alle altre, che prendono spunto da quello che incontriamo nel presente, per continuare a raccontare le storie non guarite del passato.
E se vivessimo, invece, di sensazioni e di pensiero?
Quello che il corpo sente guida l’istinto e informa la mente, che, se libera, comprende, elabora soluzioni, escogita progetti e programmi.
Sgravarci dalle associazioni e smettere di avere paura del sentire intenso del corpo; farci stare nel sentire del corpo e nello scorrere del pensiero, padroneggiato e gestito: non smettere di insistere, di tornare alla nostra pratica, per ricordare come si vive, pieni e completi.
Ci sono tanti modi di meditare.
Per quel che mi riguarda, non medito mai sola. Non mi serve. Preferisco lasciarmi trasportare da un frangente, da un sapore, da una consistenza o dal respiro: così atterro nel presente. Allora il circolo delle associazioni si interrompe, da solo. E mi sembra di capire quello che, fino a quel momento, non avevo nemmeno immaginato; mi sembra di tornare a quell’ordine semplice, rassicurante e solido delle cose: tutto quello che devo fare è non smettere mai di sentire e di pensare, di restare sveglia, coi sensi e con la mia intelligenza. Solo questo mi è richiesto: non smettere di sentire col mio corpo e di pensare con la mia testa, non smettere di essere donna e persona, non smettere di essere diversa e, così, di compiere il mio dharma.
Per quel che mi riguarda, questo significa non smettere di crescere, guidata dalla mia pratica. La crescita yoga.
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